Il Territorio

‘’Nelle sue falde si fanno i vini più squisiti chiamati da’ Napoletani Lagrima e Greco, e frutta le più delicate; e ciò si attribuisce alle ceneri che cadono dal Monte sul sottoposto terreno, le quali impregnate di solsi, e mischiate colle acque piovane rendono fertilissime le campagne, e più saporose l’erbe e le frutta’’

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Secondo gli studiosi, le popolazioni che vivevano alle falde del Vesuvio prima del I° secolo a. C., erano del tutto inconsapevoli che tale vulcano fosse attivo e pericoloso a causa delle possibili violente eruzioni di lava, anche se alcuni letterati greci, primo tra tutti lo scrittore Strabone e poi Diodoro Siculo, nel I secolo a. C., avevano ben individuato il profondo nesso tra “il fiume di fuoco (lava) e Vesuvio”. I successivi intellettuali latini, Seneca, Sisenna, Plinio il Vecchio, Vitruvio, Virgilio, Columella ed altri, ignari che il gigantesco monte avesse un passato di sconvolgenti eruzioni, lo battezzarono come locus amoenus, ossia inizialmente lo apprezzarono per i suoi giardini, per la sua coltivazione orticola e per la sua notevole attività vinicola.

Il noto poeta contemporaneo Giacomo Leopardi, definisce il nostro Vulcano come Sterminator Vesevo e ricorda che :

17.Questi campi cosparsi
18.di ceneri infeconde, e ricoperti
19.dell’impietrata lava,
20.che sotto i passi al peregrin risona;[…]
24.fur liete ville e colti,
25.e biondeggiàr di spiche, e risonaro
26.di muggito d’armenti;
27.fur giardini e palagi,
28.agli ozi de’ potenti
29.gradito ospizio; e fur città famose
30.che coi torrenti suoi l’altero monte
31.dall’ignea bocca fulminando oppresse
32.con gli abitanti insieme

(La ginestra o il fiore del deserto, 1836)

Allo stato attuale, il vulcano è in fase di quiescenza; si limita ad emettere visibili fumarole all’interno del cratere e le sue falde sono intensamente abitate e coltivate. Case, alberghi, ristoranti, villette, palazzi, hotel e uffici sono stati edificati fino a 700 metri di altura, pertanto l’edilizia è ampiamente sviluppata attorno al vulcano. Per quanto riguarda l’altezza ed il profilo del Vesuvio, esse hanno subito nel corso dei millenni evidenti variazioni, a causa delle successive eruzioni e degli innalzamenti ed abbassamenti del suolo.

Ciò che indubbiamente cattura l’occhio dell’osservatore è il favoloso panorama che è offerto dalla cima del vulcano. Dalla sua altura, guardando verso il basso, è possibile ammirare di fronte a sé il mare di Torre Annunziata, tutto il Golfo di Napoli, la Penisola Sorrentina, Castellammare di Stabia, Torre del Greco, Capri, Procida ed Ischia. Di sera la vista è ancora più suggestiva poiché il tutto è illuminato dalle luci dei lampioni, dallo scintillio delle stelle e dalla luminosità della luna che si riflette in tutta la sua bellezza, nelle acque del Golfo di Napoli che bagna i diversi paesi vesuviani.

Quando si parla di Vesuvio, si intende il complesso Somma –Vesuvio, ossia il vulcano insieme al Monte Somma; bisogna dire tuttavia che i territori vesuviano e sommano si differenziano per alcuni aspetti ambientali e si accomunano per altri, in particolare per la forte antropizzazione che caratterizza i versanti più bassi di entrambi i rilievi. Per quanto attiene le differenze, va detto che il primo si presenta più arido e assolato, con una tipica vegetazione spontanea di tipo mediterraneo, pinete e boschi di leccio;

il secondo è più umido con una vegetazione boschiva che ricorda quella di tipo appenninico, con boschi misti di castagno, querce, betulle, acacie ed aceri.

L’opera di colonizzazione dei suoli lavici ha inizio poco dopo il raffreddamento ed è dovuta al lichene pioniere Stereocaulon Vesuvianum, di colore grigio il quale è il primo essere vivente ad insediarsi sulla lava raffreddata preparando il suolo per l’attecchimento delle piante. Ricopre interamente le lave vesuviane e le colora di grigio, facendo assumere alla lava riflessi argentati nelle notti di luna piena.

L’elenco floristico comprende ben 906 specie diverse; tra esse è da segnalare anche l’alto numero di specie di orchidee, ben 23, e la ginestra, presente anch’essa in diverse specie: Genista tinctoria, Genista aetnensis, quest’ultima importata dall’Etna nel 1906 e oggi ampiamente distribuita su tutto il territorio vesuviano.